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Spedizione a Grimsvotn 2004 - Randez vous tra ghiaccio e fuoco

Era un tardo pomeriggio d’autunno, l’aria fredda ha ormai il tipico sapore invernale già da tempo… il buio, ormai padrone assoluto,concede al sole appena di far capolino all'orizzonte, relegandolo in questa posizione per circa 6 ore al giorno… per ora nulla di più gli è concesso.
Ma è proprio nella stagione dominata dalle tenebre, quando il freddo talvolta è reso glaciale dalle improvvise ed infernali tempeste di neve, che accade che un magico romantico caldo refolo può insinuarsi nel profondo, andando a riscaldare quella parte, a volte sconosciuta a noi stessi, più intima e segreta del nostro cuore. E’ una sensazione strana che si stenta a credere reale…ma cosa è reale nel paese degli elfi, li dove nelle notti serene i colori dell’aurora boreale sembrano suonare una musica leggera che si può ascoltare solo con il proprio cuore?

In quel tardo pomeriggio d’autunno passeggiavo pigramente in Laugavegur, la strada dello shopping, la più famosa di Reykjavik, e quando ad un tratto il mio telefono squilla, distogliendomi dai miei pensieri, rispondo quasi distrattamente. “Preparati, tra due ore partiamo…per Grimsvötn” mi dice una voce dal tono tra il perentorio e il timido dall’altro capo del telefono: è il mio amico Jòn, personaggio non comune anche se dal nome più comune d’Islanda, che con il suo inglese dal forte accento islandese mi riporta alla realtà. Dopo un paio di secondi di sconcerto gli rispondo “Sei solo pazzo oppure pazzo con una gran voglia di scherzare? ”, ma intanto la mia mente corre già a Grimsvotn.
Ma a questo punto urge spiegarvi cosa è e dov’è Grimsvötn! Stiamo parlando di un vulcano, nulla di strano nel paese dei vulcani, ma Grimsvötn è un vulcano ad oltre 1700m di altezza, normalmente sotto 300m di ghiaccio, al centro del più grande ghiacciaio europeo, il Vatnajökull: un gigante di 140km di lunghezza x 90km di larghezza. Se tutto ciò non crea nessuna apprensione è interessante sapere anche che Grimsvötn in quel periodo era in piena attività eruttiva da circa una settimana: un immenso cratere di ghiaccio con colonne di fumo alte chilometri, attraversate costantemente da fulmini.. uno scenario insieme fantastico e terrificante.
Fatto sta che anche io quella sera fui felice di unirmi al gruppo.
Partiamo cosi verso le 21 da Reykjavik in un convoglio di 3 Nissan Patrol, tutti naturalmente fuoristrada modificati (le “mitiche” superjeep islandesi, senza le quali non avremmo alcuna possibilità di raggiungere una zona così remota e di difficile accesso). Il programma è quello di raggiungere in nottata il rifugio Jökulheimar, posto sulle pendici occidentali del Vatnajökull e poi la mattina seguente tentare di percorrere i quasi 50 km sul ghiacciaio che separano il rifugio dal vulcano.
Dopo circa un paio d’ore di guida, arriviamo a Hrauneyjar, ultimo avamposto della civiltà prima del “nulla islandese” , che consiste in una spartana tavola calda con qualche camera per gli ospiti ed un distributore di carburante. Facciamo rifornimento, riempiendo anche quelle taniche che ci daranno la giusta autonomia e sicurezza nel caso qualcosa andasse storto.
Da ora in poi il percorso è in vero fuoristrada, la neve ricopre il tutto con uno strato di 30 cm e nella fitta notte ci si riesce ad orientare solo con la traccia GPS. Non so cosa mi aspetta, la sensazione di paura ed eccitazione nello stesso tempo continua ad aumentare, sono il meno esperto del gruppo in questo genere di “avventure 4x4” e non posso fare altro che fidarmi dei miei compagni di avventura.
Verso l’una di notte raggiungiamo il rifugio, giusto il tempo di accendere la stufa e sigillarsi nel sacco a pelo e…..buona notte!
La sveglia è alle 8, ma tutto intorno è ancora buio, del resto bisognerà aspettare circa 3 ore per vedere il primo pallido sole all’orizzonte. Dopo una frugale colazione, sgonfiamo i pneumatici per avere più superficie di galleggiamento ed affondare meno nella neve e... partiamo.
…… Si vorrebbe!
Al momento dell’accensione, dal motore di una delle tre Patrol, fuoriesce un rantolo di dolore, che manifesta una chiara intenzione di non partire. Apriamo il cofano ed immediatamente comprendiamo il grave errore commesso!
La notte prima, arrivati al rifugio, con una delle tre superjeep si era deciso di andare a cercare un buon punto nelle vicinanze dove guadare il fiume, in modo da risparmiare tempo la mattina seguente. Il problema si è rivelato essere proprio la breve distanza tra il fiume ed il rifugio: il motore” immerso” nell'acqua durante il guado, essendo stato spento dopo pochissimi minuti al ritorno al rifugio, non ha avuto il tempo di asciugarsi e le temperature esterne, decisamente sotto lo zero, hanno “saldato” di ghiaccio il tutto.
Dopo aver impiegato quasi un'ora per scrostare il motore, finalmente partiamo!
Il primo ostacolo della giornata è l’attraversamento del Tungnaà, fiume che solo la stagione invernale, abbassandone il livello, rende guadabile...ma mai facilmente: l’entrata e l’uscita dal fiume infatti sono rese particolarmente ripide dallo spesso strato di ghiaccio che ricopre le sue rive.
Il fatto che il Patrol di Jon sia quello con i pneumatici più grossi ( 44 pollici contro i 38 delle altre due Nissan) ci dà il privilegio, o meglio la responsabilità, di guadare per primi. Jon, con cautela, mette il muso dell’auto nel fiume...fortunatamente, penso, non sono io alla guida, anche se non per questo sono meno nervoso. I primi metri nell'acqua procedono senza intoppi ma, arrivati a qualche metro dalla sponda opposta, il livello dell’acqua sale e noi..andiamo sempre più a fondo. Guardo il finestrino e mi accorgo che l’acqua lo ha raggiunto….un bagno a quelle temperature lo eviterei ….Per fortuna con la stessa velocità il muso del Patrol si impenna ed il livello dell'acqua finalmente comincia a scendere. Ben presto ci accorgiamo però di non essere sufficientemente veloci per riuscire ad arrampicarci sulla ripida sponda ghiacciata, siamo costretti cosi ad una seconda immersione a marcia indietro e questa volta, grazie ad un po' di velocità in più, riusciamo a sfuggire senza problemi ad una situazione piuttosto scomoda.
Le altre due superjeep fanno tesoro dei nostri errori ed in pochi minuti guadano tranquillamente il grande fiume, seguendo il nostro percorso. Siamo finalmente alle pendici del Vatnajokull, immenso mare di ghiaccio e neve.
Al crepuscolo di un pigro mattino (sono ormai le 10 passate) cominciamo velocemente ad arrampicarci lungo le pendici del ghiacciaio ed inizia il twist delle sospensioni su un terreno che è ghiaccio vivo, di un blu profondo, “sporcato” talvolta da un po’ di neve trasportata dal vento.
Man mano che ci alziamo di quota la neve aumenta fino a ricoprire il tutto: su questo terreno viaggiamo comodamente a 100 km/h. Il sole è appena sopra l’orizzonte e tutto intorno a me è un infinito mondo bianco che attutisce ogni rumore...capisco solo ora cosa debba essere il Polo Nord: un incredibile deserto bianco senza fine.
Man mano che procediamo la colonna di fumo che si solleva dal vulcano si avvicina sempre più ed in breve i crepacci nel ghiacciaio diventano sempre più frequenti… siamo ormai vicini, ed infatti superata l'ultima collina ecco lo spettacolo che non dimenticherò per tutta la mia vita...
Enormi crepacci delimitano l’immenso cratere nel ghiaccio, al centro un lago formatosi dallo scioglimento del ghiacciaio ed al centro del lago il vulcano vero e proprio che lancia a centinaia di metri di altezza blocchi di lava fumanti.
Siamo stati fortunati, la visibilità è ottima e Grimsvotn, come una star, si lascia ammirare nella sua più straordinaria performance...del resto non potevamo aspettarci altro da quello che è unanimemente riconosciuto come il vulcano più attivo d’Islanda.
Purtroppo l’idillio non dura a lungo, un'improvvisa ed intempestiva perturbazione abbassa il sipario sullo show in pochi minuti, non promettendo peraltro nulla di buono. Saggiamente decidiamo di battere in ritirata e ci dirigiamo verso un rifugio posto a soli 5 km circa di distanza, che dà vita ad un’altra delle stranezze d’Islanda: è infatti un rifugio situato al centro di uno dei più grandi ghiacciai al mondo, che regala, ai fortunati avventori, acqua calda e sauna, il tutto rigorosamente chiesto in prestito alla natura.
La nostra decisione non si rivela tra le più felici però: le condizioni della neve sono peggiorate bruscamente e procediamo con estrema lentezza anche perché spesso è necessario aiutarsi a vicenda per uscire dal pantano di acqua e neve che si sta sempre più velocemente formando. Capisco una volta in più l’utilità di inoltrarsi in queste zone inospitali ed isolate solo in convoglio. Dopo circa un’ora di sforzi sfiancanti quanto inutili, decidiamo alla fine di invertire la rotta e provare a rientrare.
La discesa è più lenta e sicuramente meno coinvolgente ed entusiasmante vista la totale mancanza di visibilità, e si cerca solo di seguire la pista battuta in salita, grazie all’insostituibile aiuto del GPS.
Finalmente verso le 20 rientriamo al rifugio di Jökulheimar e questa avventura come ogni favola che si rispetti ha una dolce fine: la danza sinuosa dell'aurora boreale ci accoglie mettendo in scena l’ultimo atto dello spettacolo con musiche originali udibili solo da chi è capace di entrare in una sintonia totale e profonda con la natura.
La mia indimenticabile avventura volge purtroppo ormai al termine..
Sarò sempre grato a Jòn per avermi concesso il privilegio di un tale spettacolo della natura, che ancora oggi dopo diversi anni mi è rimasto tatuato addosso con la stessa vivacità di colori di quel tardo pomeriggio d’autunno del 2004.

Spedizione a Grimsvotn 2004 - Randez vous tra ghiaccio e fuoco

Foto 1

Foto 2